Quella milonga dei passi lenti
Capita a volte di poter restare nella palestra per la riabilitazione. Le pareti azzurrine, le voci basse, le lentezze rimandano la mente a un acquario molto denso che rallenta e sospende i movimenti delle persone, li scompone in fotogrammi, li ripete fino allo sfinimento. Sono braccia e gambe alle quali si tenta di restituire vita; occhi e teste invitate a proporsi una direzione e seguirla, contrastando rigidità, inciampi e lentezze.
C’è stato un fine pomeriggio d’inverno in cui come se ci fosse stata una sospensione della realtà questo scenario si è trasformato, restituendo una visione diversa, un suggestivo altrove mentale.
Fuori era già buio, in palestra eravamo rimasti in pochi e alcune luci erano state spente, c’era silenzio. Dal fondo un po’ buio avanzano due figure, un paziente anziano e la fisioterapista che lo sorregge e lo incoraggia a proseguire.
Si fermano, poi avanzano un po’, la ragazza gli sussurra qualcosa, lui un po’ annuisce ma si vede che vorrebbe smettere. Finché arrivano dove c’è luce e agli occhi della mia mente avviene il cambiamento: il silenzio, la voglia di una situazione diversa, un remoto flash back – non lo so – trasformano la sala in una milonga.
Il movimento lentissimo dei due rimanda ai gesti del tango, ma è lei che detta la danza. Sta di sbieco dietro di lui, una mano sulla spalla destra l’altra sul petto per tenerlo dritto; con l’anca gli preme il fianco e la sua gamba destra accompagna e sostiene la sinistra del paziente, ora meno riluttante a muoversi.
Fossero vestiti di nero in una sala semibuia, la scena avrebbe un’ombra di erotismo; qui dentro è il piccolo eroismo di un uomo in una tuta scelta da altri che sta tentando con dolore di ritrovare qualcosa di sé stesso aiutato da una ragazza con la felpa blu.
Come in un racconto faranno un pezzo di strada insieme e poi non si incontreranno più. Ma intanto vanno, guadagnano centimetri e poi metri, lenti ma fluidi in una conquistata continuità che sarebbe bello diventasse eterna.
Da qualche parte della mente arriva un alito di fisarmonica, come se venisse da oltre il cono di luce. Non è reale, lo so, è solo il ricordo di quando da ragazzi spiavamo gli adulti che ballavano al circolo combattenti, viene dai ricordi di un tempo che è stato felice e si dissolve subito.
La terapia è finita, si torna a casa.
Tango Santa Maria – Gotan Project