Il 2050, Sara e il “Dopo di noi” prossimo venturo
Un racconto che potrebbe essere realtà
Il tecnico della Domusmart le porge il suo tablet, indicando un pulsante giallo: Ho installato e collaudato l’Handyfriend; per favore prema qui il suo indice per convalidare l’esecuzione del servizio. Poi le mostro tutte le funzioni.
Sara ha subito quindici anni fa una emorragia cerebrale; operata d’urgenza, dopo due mesi di coma si era risvegliata con metà corpo che non c’era più, o meglio c’era ma non rispondeva a nessuna sollecitazione. Anni di fisioterapia, interventi chirurgici vari a braccio, gamba e piede sinistro, un occhio quasi inservibile. Ma le facoltà cognitive erano rimaste intatte e aveva riacquistato un minimo di autonomia: vestirsi, lavarsi, cucinare cose semplici, ma il più lo avevano fatto i genitori.
Ora non ci sono più, non c’è più nessuno, resta qualche amicizia, la casa, qualche piccolo risparmio e nient’altro.
Per fortuna, dal 2026 è entrato in vigore l’Handy Act sulle disabilità che ha unificato in un solo testo aspetti strutturali, sociali, sanitari, economici. Sara ha conservato un minimo di autonomia e non ha bisogno di essere ospitata nelle residenze integrate previste dalla nuova legge e il dispositivo che le hanno appena montato rientra appunto negli interventi previsti per le persone in difficoltà e sole come lei, non solo disabili ma anche anziani o persone temporaneamente costrette all’immobilità.
Il tecnico era stato molto gentile e disponibile nel mostrarle il funzionamento del dispositivo, e ora vuole provarlo da sola con calma.
Dallo smartphone accende il pannello sullo schermo tv; volendo potrebbe visualizzarlo sul telefono stesso ovunque sia, anche fuori di casa, ma a lei piace osservarlo grande, con tutte quelle icone colorate che ora possono aiutarla ad affrontare meglio la vita.
Punta sull’icona degli appuntamenti e lo schermo si trasforma nella pagina paglierina di un’agenda: per oggi c’è solo l’appuntamento alle 18 in videoconferenza con la ditta per programmare il telelavoro della prossima settimana. È un lavoro che l’impegna per ventiquattro ore la settimana e anche se quello che guadagna riduce l’assegno statale di disabilità, lei è contenta perché sente l’esigenza di una occupazione, di un ritmo di lavoro.
Intanto al centro dello schermo tv si accende un pop-up giallo e lampeggia in blu la scritta AVVISO! che il click dal telefono trasforma nel messaggio: Alle ore 17:00 la farmacia consegna due confezioni del farmaco prescritto. Se assente avverti un vicino.
Sara sorride e pensa… Ci sarò, son curiosa di vedere chi viene. Corre il rischio di episodi epilettici e deve ogni giorno, per tutta la vita, assumere due farmaci.
Spinge la carrozzina più vicina alla tv e fa scorrere le pagine successive dell’agenda: lunedì ore 16 viene il fisioterapista per la sessione settimanale, ore 20:30 vengono quelli dell’associazione per andare al cinema; martedì ore 10 visita trimestrale dell’assistente sociale di quartiere per la verifica dell’attuazione del programma di vita indipendente… Ogni appuntamento è pianificato in modo da avvertirla ventiquattro ore prima e poi ancora un’ora prima.
Esce dall’agenda e prova gli altri pulsanti colorati: quello verde, col piatto e la forchetta bianchi, permette di ordinare un pasto – se vuole – al circuito che serve le scuole di quartiere (il costo convenzionato le verrà poi detratto dal Comune dalla carta di credito). Può riceverlo a casa, ma anche recarsi a scuola e pranzare con i ragazzi.
Quello giallo, con la scritta rossa HELP, se premuto dal cellulare invierà una richiesta di aiuto a una serie di numeri in sequenza da lei segnalati, ma si attiverà anche da solo se il sensore dello smartphone (da tenere sempre addosso!) rileverà un improvviso cambio di posizione; in tal caso la centrale operativa proverà prima a chiamarla e poi, in caso negativo, attiverà le procedure di soccorso ovunque Sara sia, grazie alla geolocalizzazione.
C’è poi quello blu, con disegnato un carrellino giallo: attivandolo potrà fare la videospesa presso il supermercato di quartiere e fissare l’ora di consegna; pagherà poi sul bancomat Wi-Fi del fattorino.
Altre icone mostrano che i sensori di perdite o interruzioni delle reti energetiche sono attivi e in caso di malfunzionamento avvertiranno le aziende erogatrici; è attivo anche l’impianto di segnalazione incendi. Il pulsante ocra con disegnata una ruota bianca le ricorda che deve contattare l’azienda trasporti per prenotare un passaggio: il 16 deve sottoporsi a una mammografia.
Spegne la tv, l’Handyfriend è comunque accessibile dal telefono. Si sente tranquilla, protetta, finalmente considerata.
Sorride tra sé pensando che tra poco tornerà a casa Sandrine e le mostrerà tutte queste piacevoli diavolerie suscitando il suo stupore e una raffica di incroyable!
Sandrine è una ragazza francese, di Nantes, che studia a Verona e, grazie a una convenzione tra Comune, Università e Erasmus, è ospitata da Sara che le mette a disposizione il suo alloggio in cambio di un modesto contributo, qualche aiuto in casa e un po’ di compagnia. In più, imparano qualcosa delle rispettive lingue.
Il racconto è ambientato nel futuro, ma potrebbe essere realtà già oggi. Sara – donna disabile – può svolgere una vita quasi normale grazie a tecnologie che sono già disponibili e servizi e interventi possibili già ora, che dovrebbero solo essere attivati e messi insieme per essere operativi. Il tutto con un impiego modesto di risorse e con la possibilità di generare opportunità occupazionali. Il problema è che manca un quadro legislativo che obblighi i diversi attori oggi operanti nella e per la disabilità a costituirsi in rete e operare non su chiamata ma in base a programmazioni tarate sui singoli destinatari.
Manca inoltre la necessaria dose di fantasia e coraggio per inventare e far funzionare interventi innovativi (la distribuzione dei pasti, quella dei farmaci senza far code settimanali dal medico di base per la ricetta, la stipula di convenzioni per convincere enti pubblici e soggetti privati a farsi protagonisti di un circuito solidale).
Oggi Sara una volta rimasta sola ha due alternative: 1) se i suoi genitori possedevano soldi e/o immobili avranno provveduto a creare un trust – gestito da un amministratore di sostegno, una banca o un’assicurazione – da utilizzare, finché bastano i fondi, per le sue esigenze; 2) se non ha niente finirà in un istituto, nella maggior parte dei casi un ricovero per anziani perché strutture pensate per persone come lei allo stato attuale ne esistono pochissime e sono prevalentemente private e costosissime.
La prima possibilità si presenta raramente: una sciagura come quella capitata a Sara prosciuga risparmi, fa svendere case e beni per inseguire le cure migliori (a volte solo millantate), costringe ad abbandoni lavorativi, spinge nella precarietà economica.